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– Aggiornamento 29/05/2020 –

A cura di Filippo Capurro

A) Gli interventi dell’INAIL

La Circolare INAIL 20/05/2020 n. 22 ha affrontato il tema dei rischi del datore di lavoro in relazione alle infezioni Covid-19.

In particolare la circolare ha precisato che:

(1) L’infezione da Covid-19, se contratta in occasione di lavoro, è tutelata dall’INAIL, come qualunque altra patologia causata da agenti biologici, e quindi come infortunio, in quanto generata dalla c.d. “causa violenta”.

(2) La inabilità temporanea assoluta (indennizzata dall’INAIL) copre anche il periodo di quarantena o di permanenza domiciliare fiduciaria, sempre che il contagio sia riconducibile all’attività lavorativa (tra l’altro questo periodo non rileva ai fini del computo del periodo di comporto).

(3) Gli oneri degli eventi infortunistici derivanti dal contagio non comportano maggiori spese per le imprese, nel senso che non ci saranno i paventati aumenti dei premi. Questo perché il contagio da Covid-19 è riconducibile a fattori di rischio non direttamente e pienamente controllabili dal datore di lavoro (esattamente come gli infortuni in itinere che non impattano sul valore dei premi).

(4) L’INAIL effettuerà comunque un’indagine per valutare la correlazione tra contagio e luogo di lavoro  e non riconoscerà sempre l’infortunio in modo automatico. Ciò a meno che non si tratti di ambienti in cui il contagio possa presumersi in quanto rischio presente sul posto di lavoro (es. ospedali) o per altri motivi (es. lavoratori a contatto  diretto e continuato con il pubblico) (Circ. INAIL 03/04/2020 n. 13). Negli altri casi la dimostrazione della causa di lavoro sarà più complicata per il lavoratore in quanto lo stesso potrebbe averlo contratto ovunque, e dunque occorrerà una prova precisa.

(5) La responsabilità del datore di lavoro, sia ai fini civilistici che ai fini penali e della azione di regresso da parte dell’INAIL, non dipende dalla mera qualificazione del contagio da Covid-19 contratto sul luogo di lavoro come infortunio, ma dalla eventuale violazione da parte del datore di lavoro delle leggi e degli obblighi derivanti dalle conoscenze sperimentali e tecniche che, per il Covid-19, si possono rinvenire nei protocolli e nelle linee guida governative e regionali di cui all’art. 1, comma 14 del D.L. 33/2020.

Di fatto  il datore di lavoro che rispetta linee guida e i protocolli non può essere accusato di condotta colposa nella gestione della sicurezza sul luogo di lavoro.

B) Il problema generale dell’art. 2087 c.c. che è norma di chiusura del sistema di sicurezza sul lavoro

Occorre ricordare che l’art. 2087 c.c. recita: “L’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”.

La giurisprudenza ha interpretato questa norma come integrante un obbligo della c.d. massima sicurezza tecnologicamente possibileche va oltre le cautele di sicurezza previste da norme e regolamenti specifici.

L’INAIL, affermando che il datore di lavoro è in regola qualora rispetti le  linee guida governative e regionali e i protocolli, vorrebbe sterilizzare le implicazioni di  una norma (appunto l’art. 2087 c.c.) ben più ampia e incisiva  delle altre “tavole” di misure di sicurezza vigenti. Ma, pur essendo i principi generali affermati dall’INAIL corretti, le preoccupazioni non sono destinate a evaporare rapidamente.

Il rischio è infatti che, ex post, i giudici possano ritenere la condotta del datore di lavoro illecita qualora lo stesso non abbia utilizzato misure più attente delle linee guida e dei protocolli vigenti.
Ma a mio avviso sarebbe certamente ingiusto pretendere dalle imprese, comportamenti che presuppongano presidi che governanti e autorità non sono oggi disposti a mettere in atto per la popolazione generale.

In sostanza le derive dei contagi rischiano di gravare sulle imprese che, per cautelarsi, dovrebbero arrivare ad allestire ambienti completamente sterili.

C) Un intervento normativo di correzione

Per le ragioni sopra esposte si sta ragionando su un emendamento al DL “Liquidità” che meglio circoscriva, in relazione alle infezioni Covid-19, il perimetro di operatività dell’art. 2087 c.c.. Il testo ipotizzato è il seguente:

“Ai fini della tutela contro il rischio di contagio da SARS-CoV-2, i datori di lavoro pubblici e privati adempiono all’obbligo di cui all’articolo 2087 del Codice civile mediante l’applicazione delle prescrizioni contenute nel protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro, sottoscritto il 24 aprile 2020 fra il Governo e le parti sociali e successive modificazioni e integrazioni, e negli altri protocolli e linee guida di cui all’articolo 1, comma 14, del decreto-legge 16 maggio 2020, n. 33, nonché mediante l’adozione e il mantenimento delle misure ivi previste. Qualora non trovino applicazione le predette prescrizioni, rilevano le misure contenute nei protocolli o accordi di settore stipulati dalle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale”.

D) … concludendo …

Nulla di più si può fare oggi che applicare diligentemente e scrupolosamente sul luogo di lavoro linee guida governative e regionali e i protocolli  per la tutela della sicurezza.

Forse non è tanto, ma nemmeno poco.

Scarica la Circolare INAIL 20 maggio 2020 n. 22

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